È centrale, nel karate, la preparazione psicologica, specie per i giovani.
Consideriamo il ritmo di una seduta di allenamento. La durata media è un’ora, compresi i momenti teorici (domande, spiegazioni…); 45-50 minuti di lavoro effettivo, il massimo per conservare concentrazione.
Senza schemi rigidi, la sequenza-tipo è: avviamento psichico e fisico, sollecitazioni percettive (schema corporeo, equilibrio, senso dello spazio e del ritmo), esercizi di coordinazione, rilassamento intermedio, studio della tecnica, applicazioni, scambi di combattimento, studio dei kata, ritorno alla calma.
La lezione inizia, dunque, con un’attenzione psicologica. Per consentire una pratica fruttuosa, l’insegnante stimola l’attenzione degli allievi, creando un’atmosfera distesa, piacevole, ma sempre conforme alle regole che ognuno dovrà conoscere e osservare.
a) Le regole del dojo – il karate comincia e finisce con il saluto. Per i più giovani, addirittura, il karate inizia e finisce negli spogliatoi: qui essi apprendono il concetto di “dojo”, ossia il luogo in cui si impara la “via”. In un’atmosfera vivace e allegra, apprendono le norme del vivere civile: le norme igieniche, la cura del proprio corpo e il rispetto dell’ambiente.
b) Il cerimoniale – È la rappresentazione di un particolare stato d’animo attraverso una gestualità specifica e codificata. Il saluto è parte integrante dell’allenamento: è il momento della calma che precede e segue l’azione. Utile anche la meditazione (mokuso): attraverso il rilassamento, i ragazzi imparano a conoscere e gestire le proprie emozioni.
c) Il Bushido – pace, gentilezza, rispetto, armonia. Il Bushido pone in rilievo il principio di relazione tra individui. Con l’esempio dell’istruttore, gli allievi assimilano valori come lealtà, garbo, coraggio, rispetto anche tra avversari, pace e gentilezza.
d) La disciplina – educazione o costrizione? Distinguendo tra libertà e lassismo, le arti marziali insegnano che nella disciplina risiede la libertà.