L’anno scorso ho trascorso sei mesi di studio negli Stati Uniti, in Arkansas. L’esperienza è stata straordinaria sotto tutti i punti di vista, anche per quanto riguarda il mio sport; infatti vicino alla mia sistemazione c’era una palestra di karate (Lee’s Karate) del maestro Logan Lee, dove mi sono allenata per quattro mesi. Lo stile del maestro Lee, come quello di moltissime palestre della zona, si chiama American Free Style, ed è molto diverso rispetto allo stile che pratico nella mia palestra galliatese. È stato interessante venire a contatto con uno stile diverso e con differenti metodi di allenamento e combattimento.
In aprile ho partecipato alla gara statale dell’Arkansas, e mi sono resa conto che anche le gare differiscono molto da come vengono svolte da noi. La gara comprendeva sia kata (forma) sia kumite (combattimento), ma la divisione in cate gorie non distingueva i partecipanti né per peso, né per sesso. L’unica divisione era quella per grado ed età. Inoltre ogni partecipante si presentava con il proprio stile: per esempio, due dei miei avversari erano cinture rosse di taekwondo (il karate coreano). Io ero l’unica atleta a presentarsi con lo stile Shotokan.
La gara di kumite si svolgeva in presenza di tre giudici. C’erano cinque punti a disposizione e chi riusciva ad aggiudicarsene almeno tre vinceva l’incontro. Il limite di tempo per ogni incontro era di cinque minuti, ma ogni incontro cui ho assistito si è concluso prima dei due o tre minuti.
Ho raggiunto il secondo posto nel kata, eseguendo il Bassai dai, e il primo posto nel combattimento.
Il maestro Lee era molto contento di venire anche lui in contatto con dei metodi diversi, e spesso mi chiedeva come erano organizzate le gare, gli esami e gli allenamenti in Italia. Sempre con un po’ di imbarazzo, derivato dalla mia scarsa competenza, ho cercato di rispondere ai suoi interrogativi e di saziare la sua curiosità. Credo sia stato interessante anche per lui.
Alessandra Mantellino
Memorial Gianni riccardi
9 febbraio 2007